La città, o meglio i sistemi di tipo urbano e metropolitano, è oggi il contesto in cui vive più di metà della popolazione mondiale, dato
che sale fino all’80% se si prende in considerazione solo la situazione europea. Nelle città sorgono i problemi più gravi, ma nascono anche innovazioni di ogni tipo, tecnologico, organizzativo e comportamentale che tracciano potenziali soluzioni. Esse sono il cuore dell’economia e della finanza e i problemi tipici che sorgono negli ambienti urbanizzati influenzano ampiamente anche l’altra metà dell’umanità; la città si presenta, dunque, come l’arena del cambiamento.
Durante la mia carriera universitaria ho avuto l’occasione di studiare in due paesi stranieri grazie al programma di scambio MEDes (Master of European Design), e quindi risiedere in due città molto contrastanti tra loro, Glasgow e Helsinki. Vivere all’estero per due anni mi ha permesso di sperimentare come le diverse forme urbane siano in grado di influenzare anche la qualità della vita dei propri abitanti. A Glasgow ho ammirato i parchi, ben gestiti, provenienti da una cultura di tutela del verde molto forte nel Regno Unito; a Helsinki, nonostante le difficoltà provocate dal clima avverso, ho goduto ugualmente la vita al di fuori delle mura domestiche grazie a una serie di servizi di base efficienti e fruibili da tutti.
Da questa esperienza ho capito quanto gli spazi pubblici costituiscano un vero e proprio tessuto connettivo urbano, grazie al quale le infrastrutture formano un insieme coerente e percepito come confortevole da chi lo abita.
Inoltre i luoghi pubblici svolgono un ruolo centrale per il progresso della società e dell’individuo, poiché sono centrali per sviluppare il senso di esistenza e appartenenza dell’individuo, percezioni alla base della costruzione di relazioni interpersonali significative. È per questo motivo che ho deciso di prendere come oggetto di tesi l’ambiente urbano.
Tradizionalmente design è un termine applicato per descrivere gli oggetti caratterizzati da una riconoscibile qualità estetica, che s’inseriscono storicamente all’interno delle mura domestiche. Ma a osservare bene, design è un processo, un’azione, un verbo piuttosto che un aggettivo; un protocollo per risolvere problemi e trovare nuove opportunità. Questo è il design thinking, una disciplina che usa i metodi e la sensibilità dei designer per soddisfare i bisogni delle persone.
La domanda cui questa tesi si propone di fornire una risposta è: quale di questa competenza tipica del designer è efficace per progetti di riqualificazione degli spazi pubblici della città? Inoltre, in che modo e fino a quanto queste teorie sono applicabili in Italia?
Capire quali metodologie del designer strategico siano maggiormente in grado di realizzare una struttura sociale più ricca e contemporaneamente più equa nel rispetto dei diritti delle generazioni future. Il lavoro affronta i temi di sviluppo sostenibile della città e spazio pubblico con attenzione alle cause
e conseguenze sociali dei fenomeni, mettendo in primo piano le interazioni che si danno tra gli esseri umani e l’ambiente fisico.
Per rispondere a tutte queste domande, ho scelto di applicare i miei studi a un caso reale, a un luogo dove sia in atto la volontà di riqualificare un’area pubblica e sia presente una comunità recettiva e desiderosa di cambiamento. Siamo a Cernobbio, sul lago di Como, dove incontro alcuni rappresentanti della comunità, che discutono riguardo il progetto di riqualificazione del parco dell’ex-Galoppatoio di Villa Erba.
L’area in esame è di proprietà pubblica, ma in concessione a Villa Erba S.p.A., una società appartenente al gruppo Fiera Milano Congressi, leader italiano nell’industria congressuale dal 1994, e rischia di rimanere chiusa al pubblico per lasciare spazio a una marina che ospiterà circa cento imbarcazioni private. Confidando in una battaglia amministrativa (non oggetto di questa tesi), che possa convincere la giunta comunale a vincolare l’accesso pubblico dello spazio, come creare dei servizi per l’uso dello spazio dell’ex-Galoppatoio di Villa Erba, vicini ai bisogni dei Cernobbiesi? Quali sono gli scenari sostenibili da proporre, in grado di coniugare lo sviluppo di un nuovo polo marittimo, la qualità della vita degli abitanti e rispettare l’ambiente naturale?
Una volta identificata l’ipotesi progettuale, la strategia adottata per verificare le mie supposizioni è guidata dal metodo Human-Centred Design della società di consulenza IDEO.
Questa tecnica, guida il team creativo fin dalle prime fasi del progetto, dall’impostazione della così detta design challenge, fino agli ultimi interventi d’implementazione del progetto.
Il processo si sviluppa secondo tre fasi: Hear, Create e Deliver.
La dissertazione può essere suddivisa in tre parti. La prima di carattere teorico, si propone di presentare lo stato dell’arte sulle questioni legate allo sviluppo urbano sostenibile e al sistema dei parchi cittadini. Il primo capitolo si apre con il concetto di sostenibilità, introdotto negli anni Settanta ed evolutosi fino ai nostri giorni, grazie anche alle politiche comunitarie che hanno realizzato reti di cooperazione, dove le città accomunate nella sfida alla sostenibilità possono scambiare esperienze, risultati e buone pratiche.
Il secondo e il terzo paragrafo riguardano lo spazio pubblico, e approfondiscono i pensieri di Lewis Mumford, Richard Sennet, Ken Worpole, l’urbanista inglese Henry Shaftoe e l’attivista statunitense Jane Jacobs. Le risorse comuni sono quei beni che una società detiene in comune e di cui tutti possono godere, ma che proprio per questo sono esposti al degrado e alla distruzione in seguito a processi di usura da parte di attori individualisti. Il problema originario dei beni comuni è quello di stabilire delle regole che permettano lo sfruttamento quanto più libero della risorsa prevenendone l’esaurimento. La nostra abitudine a rivendicare la proprietà di tutto ciò che compriamo ci porta a non capire che anche ciò che sembra nostro è in realtà un bene di tutti. Infatti, l’utilizzo da parte di qualcuno, riduce automaticamente la possibilità di utilizzo da parte di qualcun altro; di conseguenza, il loro uso implica l’assunzione di un principio di responsabilità condivisa, pena il rischio di addebitare agli altri il costo di ciò che non hanno eseguito, sia in termini economici sia sociali e ambientali.
Il secondo capitolo della trattazione è interamente dedicato al parco urbano. Dopo una prima digressione sulla storia e l’evoluzione del parco pubblico in Europa e un accenno al lavoro di Olmsted negli Stati Uniti, la tesi spiega perché i parchi e gli spazi verdi sono elementi essenziali per la vivibilità della città e come il loro incremento possa fornire un indicatore di un’amministrazione che si fa cura della qualità della vita dei propri abitanti. Al contempo promuovere una politica mirata a rinverdire la città è un’impresa ardua, perché significa far fronte a forze che spingono in direzione contraria alle finalità dello sviluppo urbano inteso oggi: si tratta delle azioni che favoriscono i processi edificatori e l’incremento infrastrutturale. La speculazione edilizia dà inizio a uno sviluppo per cui gli spazi verdi, sia in ambito urbano sia in ambito periurbano, finiscono per essere elementi residuali, relitti di risulta, frammenti che difficilmente riescono a dar forma a un disegno di rete continua e ben connessa. Oltre a ciò, è importante rimarcare come durante le ricerche per la stesura della tesi, mi sia imbattuta in un quadro in cui le carenze sia teoriche sia informative sono prova di una realtà che non sia mai stata guardata come sistema e di cui è stata ampiamente sottovalutata l’importanza.
La seconda parte presenta il quadro di riferimento della tesi: i casi studio e l’impostazione metodologica. I casi studio sono approfonditi nel terzo capitolo e comprendono: le strategie sostenibili della città di Vancouver; il waterfront River Heart Parklands, Ipswich, Australia; il salvataggio dell’ottocentesco Prospect Park a Brooklyn a New York City, grazie al ruolo di un’associazione di cittadini; le criticità emerse dagli incontri di progettazione partecipata per la riqualificazione della Reggia di Rivalta a Reggio Emilia. A seguire un confronto tra i processi adottati dalle storiche
società di consulenza IDEO, proveniente dal mondo del product design, e il londinese Engine Service Design, uno studio di design dei servizi.
La parte centrale della dissertazione termina con il quarto capitolo, dove è descritta in modo dettagliato la metodologia usata per validare
l’ipotesi progettuale, l’approccio Human-Centred Design, e la tecnica dello scenario planning.
Gli scenari sono visioni alternative di futuri possibili, identificano gli eventi indicativi, i maggiori attori coinvolti nei processi di cambiamento e le motivazioni da cui sono spinti.
La terza e ultima sezione della tesi mostra i risultati ottenuti con le prime due fasi del metodo Human-Centred Design. Il capitolo quinto, volutamente ricco d’illustrazioni, ha lo scopo di riportare senza interpretazioni da parte dell’autore, le storie vissute e raccolte della comunità di Cernobbio. Tra gli esempi: il progetto esecutivo del porto-marina, il Circolo di Vela Cernobbio, il Giardino della Valle e l’associazione Cavalli del Bisbino Onlus. Il sesto capitolo, interamente dedicato alla parte Create, mostra gli scenari per il parco e il porto turistico di Villa Erba a Cernobbio.
Il progetto prende il via ipotizzando l’istituzione di un’associazione no-profit, chiamata Erba Voglio, il cui obiettivo primario è di facilitare il dialogo tra l’ente pubblico e la società privata concessionaria dello spazio Villa Erba Spa. Gli scenari mostrano la passeggiata lungolago, un servizio di ormeggio a ore e suggerimenti per iniziative di eventi sostenibili.
In conclusione una plausibile applicazione di quanto proposto, mostrata con lo scenario di un mercato equo-solidale, che non vuole essere
un mero luogo di commercio, ma si propone di agevolare lo scambio interpersonale tra produttore e acquirente. Il mercato Ultima Spiaggia permette agli utenti di degustare i beni dei produttori locali: pagando un biglietto d’ingresso, l’utente riceve una mappa e un bicchiere, che potrà essere riempito a piacimento porgendolo ai venditori. Questa gestualità favorisce il dialogo tra chi eroga e chi usa il servizio, e rende questo mercato diverso
da un evento frenetico a buffet, in cui l’utente assaggia fino a riempirsi, senza la consapevolezza di quello che fa. Una volta terminato l’evento, l’utente può scegliere se tenere il bicchiere con sé, o restituirlo ricevendo una somma di deposito. Il bicchiere restituito potrà quindi essere riutilizzato in entrambi i casi, e non abbandonato nel parco o in un bidone dei rifiuti.
In conclusione vorrei soffermarmi a descrivere brevemente il progetto grafico della seguente tesi. La pagina di sinistra in apertura di ogni nuovo paragrafo mostra la nascita di una città immaginaria, che inizia da pochi alberi e persone, a cui si aggiungono lentamente maggiori elementi man mano che si procede con la lettura. Ciò vuole essere, oltre che uno strumento per orientare la lettura, simbolo di come ogni parte della dissertazione
costituisca un ingrediente fondamentale per comporre il risultato finale del progetto.
Lo stile dell’illustrazione trae volutamente ispirazione dallo stile predominante nel periodo della secessione viennese, momento in cui, con il giardino Jungendstil, l’attenzione per i parchi pubblici cittadini raggiunge uno dei vertici della sua evoluzione. L’orientamento del lettore è facilitato, oltre che dalla crescita della “città sognatrice” anche dal colore delle immagini di ogni sezione. Nella prima parte le immagini sono virate in una tonalità gialla,
mentre nella seconda sono caratterizzate dal colore verde. La terza parte, quella legata all’applicazione della metodologia è mantenuta nei colori originali, per far esaltare meglio le caratteristiche dell’ambito d’intervento e dare maggior rilievo alla parte progettuale.